lunedì 12 luglio 2010

LA QUIETE (ASSORTA) DOPO LA TEMPESTA.

I nuovi giorni di questa estate iniziano a mezzanotte con una pausa di qualche ora per dormire. Perché a star seduti a goderci quell'aria leggera e la torta delle Winx e le puntine che ingoio prima di uscire di casa non si finirebbe mai. Di ridere non si finirebbe mai, anche. Che le notti sembrano fatte apposta per dimenticarci di guardare l'ora e torno a casa e l'orologio del frigo mi dice che quelle sono ore da perdigiorno. Sì che lo sei.


Vedere certi concerti chiude cerchi, mette punti.

E non è facile rimanere sereni e ricordarci che si va avanti e che tutto andrà meglio. O che andrà, semplicemente. Non siamo più quelli di prima, avete tutti dei capelli più ordinati e il mojito non ce lo potevamo ancora permettere. O forse non sapevamo che esisteva e ci bastava il montenegro. Ma vi ho visti tutti lì davanti, e mi avete visto, che ci siamo messi un po' in disparte per guardarci un poco dentro e per fare il nostro esame di maturità, un'altra volta. I ricordi vividi di giorni che avevano una colonna sonora fatta di pochi dischi e di canzoni ripetute a caso, mentre mi portavi a casa in motorino senza il casco, perché ancora si poteva, o forse no. E qualcuno aveva deciso di morire a ventisette anni in un incidente stradale.


Ferrara ci fa stare bene. Anche se sono quaranta gradi e se il ciottolato di Piazza Castello non è mai stata la pavimentazione migliore. Nel Medioevo sotto ai piedi c'erano le squame o avevano i birkenstock, ma forse no. Ci fa stare bene, Ferrara, e si vede così tanto che persino i vigili ci fanno le foto e l'occhiolino. Potevi almeno sorridere. A me invece sembra che dentro le mie bevande dissetanti analcoliche sciolgano il valium, perché sono serena e non mi faccio scomporre e mi sembra che forse quasi quasi ci siamo e un po' nemmeno mi riconosco. Sto ancora valutando. E mi piacciono i messaggi circostanziali, quelli che poi quando li rileggi ti ricordi dov'eri e sorridi. Tipo quello sulla burocrazia.

A Ferrara ho visto attorno a me certezze. L'indie medio sfoggia monoliti di verità. Io li do per buoni e li sintetizzo.

  • Le foto si fanno con le reflex. Le automatiche le si usa per registrare video di testimonianza.
  • Le magliette nuove non sono bellebelle per cui prima dell'uso si devono usare un po' per spolverare i mobili.
  • La mutanda da donna veramente indie è quella che vendono al mercato rionale bianca, alta di giro e con le cappette attorno ai bordi.
  • Ovvio che la magrezza è un'altra prerogativa essenziale. Quasi quanto il taglio di capelli anni '90 alla Brandon Walsh. In ogni caso, non deve donare più di tanto.
  • Anche se quella che senti è la canzone della tua vita non puoi cantarla troppo convinto. Stesso discorso vale per il movimento di anche o testa.
  • Il tatuaggio ci piace, improbabile e colorato sbadatamente, possibilmente sito in zone del corpo discutibili.
  • Se fai rap non ci devono essere rime. Così nessuno ti può dire che quello è rap.
  • A prescindere dallo stoicismo indie, le ascelle dopo cinque sei ore iniziano a puzzare.
Io quando avevo vent'anni c'era Eddie Vedder. E vi salutavo con la mano, ma non applaudivo perché mi vergognavo.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

pj-indie 2-0

indie batte pj 2-0 ha detto...

beato chi ti sposa

FF ha detto...

Che bel post. Brava madame