martedì 8 dicembre 2009

ESTOTE PARATI*

Servirebbe il silenzio che le parole ora non bastano.
Serve muoversi piano e dosare gli spasmi. Tenere d'occhio il mio personalissimo calendario dell'avvento. Gustarmi il cioccolatino dentro la casetta del sei dicembre e strappare un altro foglietto con la data scritta a caratteri d'oro.
Cercare di preservare quello che vale. Quello che è importante. Pensare da soli, pensare per sé, riorganizzare il tempo e gli spazi. Lanciare la moneta e vedere cosa esce, che tanto vinco sempre io. Vince sempre una parte di me. Si tratta soltanto di vedere quale.
I tuoi silenzi che sono piccole chiese dove mi ritrovo a cercare rifugio quando piove. A ripassare in silenzio le nostre preghiere, a rileggere piano la nostra sceneggiatura. Rivedere i suoi tempi, le sue pause, i suoi flash forward, la sua colonna sonora indie snob e vedere come tutto si incastri alla perfezione. Rivedere la nostra pazienza e la nostra sorpresa. Che ambire alla perfezione è un ottimo obiettivo da porsi per non rimanere mai fermi e per pensare sempre a cosa c'è dopo. Ma rendersi conto di vivere un momento di perfezione è la gioia nel cuore. E a quello che c'è dopo ci pensiamo domani.
Sviluppare nuove conoscenze, competenze utili. Riuscire ad incassare senza perturbare lo specchio d'acqua limpido ed immobile che sono i miei occhi e che sono io. Un allenamento duro, che scava la terra carsica del cuore e blocca i muscoli del viso. Ed ora per vedere il vento increspare lo specchio d'acqua si deve scendere un po' di più. Buona fortuna e in bocca al lupo per i suoi progetti.
Continueranno a costruire dossi per impedirci di raggiungere le ottantotto miglia orarie per non farci vivere il nostro futuro. Che la moviola in campo c'è ed è nelle nostre giornate uguali a ieri. Con buona pace di Aldo Biscardi e di quel free-lance dell'opinione di Capezzone.
Che siamo fatti di pongo. Che messi lì per i fatti nostri sembra quasi che lì per i fatti nostri ci stiamo bene e non veniteci a disturbare che tanto siamo asociali e i sorrisi a voi non li regaliamo. Ma il calore poco alla volta smuove. Il calore delle mani e della dedizione smuove la materia fredda e immobile. La smuove a fatica, ma poi la giri e la rigiri che è un piacere. E si mescola con altri pezzettini di colore diverso, perchè ad avvicinarci ci si strappa, e si diventa altro. Diventa un elefante e diventa una nuvola. Ciò che conta è rimanere quel pezzo di pongo. Che poi si muove e si sposta e si contamina, ma quello che siamo lo sappiamo. Lo sappiamo anche quando ci sorprendiamo di noi. Ci sorprendiamo che sono nostre quelle mani e che è nostro quel cuore con il filo spinato e con le autostrade. Sappiamo che siamo partiti da quel mucchietto di pongo.

*Gli scout non c'entrano nulla. E nemmeno sto titolo, in effetti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

"I tuoi silenzi che sono piccole chiese dove mi ritrovo a cercare rifugio quando piove. A ripassare in silenzio le nostre preghiere, a rileggere piano la nostra sceneggiatura." (cit.)

non so per quale ancestrale motivo quando ti leggo entro in una poesia il cui protagonista è oggettivamente invidiabile